A Reims, tra le vigne

La Champagne è una regione verdissima, disseminata di piccoli borghi, stretti intorno ad un campanile.

Tutt’intorno, distese infinite di prati, boschi, campi coltivati e, naturalmente, vigne. In realtà, e come è giusto che sia, le vigne non sono proprio dappertutto. Ci sono zone, tuttavia, come la Montagna di Reims, dove i filari proliferano fieri ai margini delle strade asfaltate, tanto da invogliarti a fermare la tua auto, che frettolosamente corre da un produttore all’altro.

Oggi siamo a Jouy-lès-Reims.

Ti fermi, scendi e ti immergi in questo verde grandioso, rotto solo, a tratti, dalle rose in fiore poste in testa a ciascun filare.

I filari sono incredibilmente bassi, quasi a volerci rammentare quanto conti il terreno di queste vigne, il cui calcare assorbe inesorabile quella luce e quel calore di cui necessitano i grappoli per giungere a maturazione, anche qui, a queste latitudini.

Pochi passi su una delle stradine sterrate che attraversano le vigne. Sguardi, i nostri, ammaliati dalla bellezza e dalla perfezione dei Guyot su un verde letto di erba.

Un furgoncino rosso si ferma, scende una persona. Salutiamo. È un uomo anziano, capelli bianchi ed occhi limpidi e celestissimi.

Nel mio modesto francese, gli chiedo delle vigne, dei vitigni. Prontamente ci racconta dello Chardonnay e del Pinot Noir, così simili e delicati. Ce li indica, ci mostra l’allegagione. Poi, stupiti dalle chiome cinerine di un altro vigneto, ci racconta che si tratta del Meunier, che non è pinot, neppure nel nome, tantomeno nel patrimonio genetico. Anzi, è proprio il Meunier a resistere di più, laddove gli altri due sono sempre difficili da allevare.

Gli chiediamo il nome, Bonnet, ci risponde, e aggiunge che non importa il cognome, che ha ottantotto anni e fa vino dagli anni ’50, quando nelle vigne si andava sempre e solo a cavallo.

Alla fine, gli chiedo perché alla sua età stia ancora in vigna, si illumina e dichiara: “Pour la passion !”

In realtà, la sua piccola Maison, la Bonnet Crinque, produce uno Champagne che fa dell’attenzione all’ecosistema uno dei suoi manifesti principali, tanto dall’aver sostituito, ad esempio, i trattamenti contro gli afidi nocivi con l’inseminazione delle vigne con afidi “buoni” che eliminano i primi.

Un appuntamento imminente non ci permette di seguirlo oltre, in cantina. Rimarremo con il ricordo della sua lezione di viticoltura e di umanità.

Speriamo di riuscire ad assaggiare presto quegli champagne, frutto di una bella tradizione familiare, portata avanti oggi dal figlio Arnold.

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