Se il vino lo si fa per gioco. Baronia della Pietra, un sorso di Sicilia

Baronia

Ci sono storie nella Sicilia del vino che non appartengono a territori e prodotti blasonati, ma che, proprio per questo, vanno ascoltate, specie quando più che produrre vino per lavoro si sta giocando a farlo.

Alessandria della Rocca nella Provincia di Agrigento devi cercarlo sulla mappa, il territorio è aspro, giallo, selvaggio, qui non c’è una Doc a tutelare, qui il vino si faceva già 200 anni fa e si continua a fare adesso, magari nello stesso modo genuino, spontaneo come la sua gente, ci sono tradizioni legate a un passato ancora presente, ci si conosce tutti, si coltivano vitigni come il Nero Cane, un vitigno che resiste a tutte le malattie.

Ecco, la storia poteva partire da qui, ma siamo nella terra del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.»

Ma come ogni racconto che meriti, meglio partire dal principio.

Inizio luglio, mi trovo per caso ad Alessandria della Rocca, chiedo nel paese se qualcuno produce vino, mi indirizzano in Contrada Chinesi, nell’Azienda Baronia della Pietra – mi faccio spiegare la strada, mi perdo, la trovo, nessuna insegna, ci sono vigne, dev’essere qui…

Mi accoglie Salvatore Barbiera, un signore sulla settantina, evidentemente sorpreso della mia presenza. Scopro presto il perché: qui nessuno viene a “visitare” l’azienda o fare enoturismo, raramente è capitato con gruppi di tedeschi (evento più che raro), tanto meno con i compaesani che, per cultura agricola, acquistano vino in bottiglia solo per occasioni speciali. Ognuno, mi dice Salvatore, si fa il suo vino e non lo imbottiglia.

Nero d’Avola
Nero d’Avola (Foglia Grande)

La chiacchierata è piacevole, gli chiedo del terreno mi fa vedere come soltanto toccandolo si “sfarini”, lo chiamano “Scibulunaru”, un terreno calcareo alcalino e ricco di calcio, molto drenante – mi dice – che non andrebbe mosso poiché le piogge lo porterebbero via, quasi lo si accarezza. Passando ai vitigni ecco i padroni di casa, Il Grillo (diverrà Diodoro), l’Inzolia e il Catarratto e poi il Nero d’Avola con le sue enormi foglie a proteggere da un caldo e da un sole che qui arriva tutto il giorno. Si defoglia il necessario, ma gli interventi in vigna sono ridotti al minimo, solo zolfo e poco altro ed è la natura che fa il resto.

Cabernet Sauvignon (Foglia forata)
Cabernet Sauvignon (Foglia forata)

Passeggiando tra i larghi filari (ci passa un trattore), ecco spuntare Cabernet Sauvignon, Syrah e Merlot, in un territorio dove non te li aspetti, e Salvatore pronto a spiegarmi che sono stati impiantati per gioco, un tentativo per capire se questi vitigni internazionali potevano esprimersi a 30 km dal mare Mediterraneo: sono venuti talmente bene che a Merano in una degustazione alla cieca quel blend (etichettato Nero di Camicio) ha sbalordito la giuria, nonché Salvatore ed Enzo (il fratello, vero motore di questa storia che, però, lavora al Nord). Per loro tutto era iniziato come un gioco.

Un’invezione per raffreddare i bianchi attraverso spire con gas

Salvatore mi fa vedere dove fanno il vino, cosa hanno costruito per tenere a temperature basse il mosto dei bianchi, mi racconta che non hanno una cantina scavata per lo stoccaggio o l’accoglienza, tutto è spontaneo, come all’inizio, come la sua gente.

Mi fa degustare il blend Cabernet-Merlot da una bottiglia a riposo solo da 2 mesi, mi chiede un opinione, lo trovo ancora non pronto con un grande potenziale, ma ancora spigoloso, ha bisogno di tempo, non ci sono i sentori erbacei del Cabernet ma è speziato, elegante seppure maledettamente giovane. La gente lo vuole subito – mi dice – così che passo ad assaggiare il Nerod’Avola-Syrah (Sikane), lui sì che è pronto, lo noti dall’eleganza, da come risulta bevibile e pieno, da come la violetta sposa le spezie. Il Grillo l’ho bevuto a cena, c’era dentro la Sicilia, i suoi profumi.

Chiedo se dopo di loro l’azienda proseguirà nelle mani dei nipoti (Salvatore non ha figli), non lo sa, forse no per adesso sono ragazzi e vivono al Nord… forse tutto finirà per adesso “è solo un gioco” e fra un po’ andranno a giocare al Mercato FIVI di Piacenza… Salvatore me lo racconta con l’entusiasmo negli occhi.

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