Pane & Vino

Monet Natura Morta con bottiglie

Qualche settimana fa ricevo una telefonata da don Martino, parroco di Castiglione Torinese, pieno di iniziative socializzanti, il quale mi dice: “sto organizzando delle serate conviviali: te la senti di parlare di pane e di vino? Poi io faccio dei riferimenti al significato cristiano”. Li per lì rimango spiazzato, ma tempo fa avevo offerto volentieri la mia disponibilità a partecipare ad una serata sul vino, qualora l’avesse organizzata, e poi don Martino è una persona molto piacevole, dirgli di sì viene naturale; ed eccomi a pensare quale taglio dare ai 45 minuti di relazione. E così mi trovo a riscoprire quanto il pane ed il vino si siano intrecciati nella storia dell’uomo e quanto abbiano in comune questi due prodotti.

Non si sa ancora da quanto tempo l’uomo produca il vino, però è certo che la grande diffusione della vite ad uso vinificazione sia avvenuta con i Greci e con i Romani; i Greci usavano il vino anche per riti sacerdotali, perché è un prodotto che magicamente altera lo stato di coscienza…. Chissà se in qualche modo l’utilizzo del vino nel rito della messa cristiana non derivi anche dall’usanza greca.

Ma com’era il vino in epoca romana? Era un vino invecchiato (anche artificialmente, perché veniva posto al caldo…), annacquato, conciato con spezie e miele: in qualche modo un antesignano del vermouth. A volo d’uccello passiamo per l’oblio del primo medioevo, il salvataggio della vinificazione grazie ai monaci, lo sviluppo del vino per il commercio nella zona di Bordeaux, per arrivare a Pasteur che, con il suo lavoro, nel 1857 ha consentito la comprensione del processo di fermentazione. Pasteur era convinto che gli agenti responsabili della fermentazione fossero i lieviti. È riuscito a stabilire il ruolo chiave del lievito come microrganismo responsabile della fermentazione alcolica.

E il pane? La coltivazione del grano si sviluppa in Mesopotamia e influisce, insieme agli altri cereali, primi prodotti dell’agricoltura, sulla stanzialità dell’essere umano.

Gli Egizi 5000 anni fa scoprono l’effetto della fermentazione del frumento (aumento di volume, miglioramento in termini di sapore e consistenza), ma credono sia un miracolo.

Il pane fermentato (non lo chiamo lievitato perché fino a Pasteur non era chiara l’azione dei lieviti) non si conserva a lungo come il pane azzimo. E infatti gli ebrei mangiano il pane azzimo durante la loro settimana pasquale in ricordo dell’esodo dall’Egitto: si racconta che la fuga sia stata improvvisa e che gli ebrei non ebbero tempo di aspettare la lievitazione, così cossero comunque il pane che in tal modo si sarebbe anche conservato a lungo.

Il pane non ha mai subito oblio, da quando è stato prodotto è sempre rimasto alla base del nutrimento dell’uomo.

Il pane ed il vino hanno curiosamente anche molti processi produttivi in comune: l’uva si spreme, il grano si macina; in entrambi si può inoculare il saccharomyces cerevisiae, il lievito che, nutrendosi di zucchero – di cui l’uva è ricca, ma che è presente anche nell’amido del grano – produce CO2 ed etanolo (alcol). Nel vino l’anidride carbonica evapora, nel pane rimane incorporata nell’impasto, che quindi gonfia. L’etanolo nel vino rimane, nel pane evapora già durante la lievitazione, e scompare definitivamente durante la cottura.

E per quanto riguarda la scelta del migliore abbinamento tra pane e vino? Beh, in questo caso, dato che le caratteristiche organolettiche del pane, qualunque esso sia, non sono particolarmente intense – un po’ di tendenza dolce, una leggera sapidità -, vi consiglio di decidere dopo aver scelto, magari anche in base al tipo di pane (toscano, di Altamura, biova piemontese), il… companatico!

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