The old Jameson distillery

Quest’estate ho visitato Dublino e vorrei condividere con il lettore la mia personale esperienza sulla straordinaria cultura del bere di questo popolo: del resto quali altre città propongono nelle prime attrazioni da visitare un birrificio ed una distilleria? Sto parlando del Guinness Store e della meno nota Jameson old distillery.

Il whiskey (parola che deriva da un antico termine gaelico poi trasformatosi nella sua forma anglofona) è il distillato più importante che si produca in Irlanda, con origini risalenti al XII secolo e la cui paternità è contesa con la Scozia (dove però si scrive whisky).

Un tempo l’Irlanda era il primo produttore, ed esportava più di 400 diverse etichette negli stati uniti: immaginate quale disgrazia furono per il whiskey la guerra civile irlandese, il proibizionismo negli Stati Uniti e la seconda guerra mondiale poi: fu così che molte distillerie chiusero e l’Irlanda venne sopravanzata nell’esportazione di whisky dalla Scozia, grazie anche alla politica di protezionismo attuata della Gran Bretagna.

Anche il whiskey della nota marca Jameson ha conosciuto questa crisi, salvo avere la forza di riprendersi nel dopoguerra e diventare oggi di gran lunga il whiskey irlandese più esportato nel mondo: John Jameson è il fondatore, che nel 1780 aprì la distilleria in Bow street, in un quartiere oggi abbastanza centrale di Dublino.

Durante il mio soggiorno ho avuto appunto il piacere di visitare quella che oggi è chiamata la “old Jameson distillery” poiché, dal 1972, non è più il centro produttivo: il marchio è stato comprato dall’Irish Distillers Group e la produzione trasferita per ragioni di spazio nella distilleria di Midleton, nella contea di Cork, dove si producono quasi tutti i più noti whiskey d’Irlanda.

Dopo un periodo di abbandono, nel 1998, la vecchia distilleria è stata riaperta al pubblico creando un’attrazione turistica e permettendo così ai visitatori interessati di avvicinarsi a questo mondo.

Si tratta di una vecchia struttura rinnovata, che esternamente presenta la classica pietra grigia di molti edifici storici di Dublino. Nel cortile esterno c’è in mostra un enorme alambicco in rame, un tempo utilizzato per la distillazione; all’interno, in un ambiente in stile post-industriale, si trova un bar con un grande bancone, dietro al quale abilissimi barman si esibiscono nella preparazione di varie tipologie dei cocktail in carta e, tutt’attorno, gadget, vecchie botti di rovere e vetrine mostranti vecchie edizioni del whiskey Jameson. Il primo piano è invece tutto dedicato alle visite guidate con alcune stanze tematiche.

Il Jameson, come altri tipici whiskey irlandesi, è un blended che nasce dal mix di whiskey ottenuto da altri cereali (grain whiskey) e single pot still whiskey, ottenuto da miscele di orzo maltato e non, pratica questa che si è diffusa in Irlanda da quando, molto tempo prima (1785), fu introdotta la tassa sul malto.

Il processo è quello della tripla distillazione, in grandi alambicchi tradizionali di rame (pot still) in discontinuo, mentre l‘invecchiamento è di minimo 3 anni in vecchie botti già utilizzate per lo sherry o il bourbon: tutte queste scelte produttive sono volte a conferire grande morbidezza e purezza al whiskey.

La parte più interessante della visita è stata l’esperienza di degustazione: in una sala circolare, con una inconsueta illuminazione soffusa color ambra ed una ventina di postazioni, i presenti hanno potuto confrontare le principali filosofie produttive di whiskey riscontrando nella degustazione le differenti sensazioni gusto-olfattive. Ci è stato proposto un whisky scozzese, il Jameson a rappresentare il whiskey irlandese ed un bourbon americano.

 

Il whisky scozzese, di puro malto d’orzo, è risultato molto secco e con decisi aromi di tabacco e torbati, tipici di molti whisky scozzesi, in quanto, durante il processo di maltazione, i fumi sprigionati dalla combustione della torba vengono a contatto con il cereale impregnandolo.

Al centro il Jameson, di un colore oro molto luminoso, una consistenza che si evidenzia anche solo facendo roteare lentamente il piccolo tumbler. Al naso i profumi sono più dolci: cioccolato e crema pasticcera, con sentori floreali, maderizzati e di erba tagliata.

Per finire il bourbon americano, che è prodotto con almeno il 51% di mais: per questo è risultato essere nettamente il più morbido al palato, quasi dolciastro, con note di vaniglia, caramello, e frutta secca.

 

A fine visita mi sono fermato al bancone del bar per gustare un Jameson (in sostituzione al bourbon) and  ginger ale. In Irlanda il whiskey è servito spesso liscio o all’irlandese, cioè allungato con un po’ d’acqua per liberarne più facilmente gli aromi, ma è anche utilizzato nella preparazione dell’irish coffee, oltre che come base in molti altri cocktails come ad esempio i più impegnativi Manhattan o Jameson e Chartreuse.

Concludendo mi sento di affermare che la cultura del bere in Irlanda è parallela alla nostra e con altrettanta storia, assolutamente radicata e consapevole, vissuta dagli abitanti di ogni estrazione sociale e dai turisti che, come me, passeggiando per le vie del centro, non possono fare a meno di fermarsi in uno dei tanti pub caratteristici, per una buona birra, attirati da una atmosfera speciale che da noi non si respira, e dal suono di una band sulle note di “I’m on fire”.

 

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