Sedotto da Romanée-Conti

Romanée-St-Vivant DRC

Ci sono vini che sono emozione, altri che ci lasciano indifferenti o ci deludono. Ma che cosa fa davvero la differenza tra un vino e un altro? Perché un vino ce lo ricordiamo per tutta la vita e non ricordiamo, invece, tutti quegli altri vini, magari buoni ma, tutto sommato, comuni?

La qualità, prima di tutto. Se la qualità non è alta, il ricordo del vino svanirà molto presto, non c’è dubbio. Eppure, c’è dell’altro. La qualità, da sola, non è sufficiente.

Io credo che, tra le motivazioni più importanti, ci sia la situazione in cui avviene la degustazione: la situazione può essere fisica ma potrebbe anche essere culturale.

Cerco di spiegarmi meglio: il vino costella le situazioni personali che viviamo (il vino di una cena speciale, lo champagne del matrimonio, un ricordo d’infanzia…) ma, per chi il vino lo ama e lo studia, esso è anche indissolubilmente legato a luoghi, denominazioni, cantine, etichette.

Venerdì scorso, mi sono ritrovato nel calice (fortunato mortale!) un Romanée-St-Vivant 2008 del Domain de la Romanée-Conti, una delle etichette che fanno la storia del Pinot Noir della Borgogna.

Ecco, è stata “emozione totale”. Lo è stato per il momento, per la situazione contingente, per la degustazione, per la qualità della bottiglia. E lo è stato, parimenti, per il nome del vino, del produttore, per quell’etichetta borgognona così sobria, con le sue inconfondibili righe di caratteri stampatelli neri e verdi.

Dare, ora, delle note di degustazione mi sembra quasi fuori luogo. In ogni caso, è un vino ampio con un olfatto che dal frutto croccante, ancora percepibile, spazia alle violette appassite, spezie orientali e tanto, troppo altro.

In bocca, una freschezza degna di un grande bianco, il tannino è seta, della più raffinata. La persitenza è infinita.
Tutto è, qui, seduzione ed io sono stato irrimediabilmente sedotto.

Il mio ringraziamento speciale va a Grandi Bottiglie di Emanuele Spagnuolo e alla sua sapiente guida nel mondo della Borgogna.

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