Post Lockdown: dal barbera al moscato…

… passando per il grignolino. La prima visita post lockdown deve soddisfare la nostra bulimia di: uscite nelle varie zone vocate del Piemonte (non era ancora aperta la visita ‘cross regione’), scambio considerazioni di persona col produttore, assaggi di vino presso l’azienda vitivinicola….

E così che la scelta cade su Castagnole Lanze, ultimo comune Monferrino che si incunea nelle Langhe con vista sul Roero: e iniziamo a soddisfare la bulimia di cose da vedere tutte insieme. L’azienda di Gianni Doglia è a gestione famigliare: ci accoglie il papà, che ci accompagna dalla figlia Paola, e poi arriva Gianni. Hanno 16 ettari vitati, di cui il 50% a moscato (siamo nella zona prediletta da questo vitigno aromatico), da cui si ottengono, con bassissime rese, circa 100-120 mila bottiglie.
Entrambi i fratelli sono persone molto piacevoli, che non si negano nel fornire informazioni e nel rispondere con entusiasmo alle domande: così soddisfiamo la bulimia di sapere.Paola gestisce gli aspetti amministrativi e commerciali, mentre Gianni fa l’enologo ed anche l’agronomo.

La filosofia di Gianni è quella di assecondare nel vino le caratteristiche dell’uva e del terreno dove questa matura: per questo usa pochissimi trattamenti, lasciando l’inerbimento tra i filari, azotando col sovescio all’occorrenza. Il moscato la fa da padrone, perché questo vitigno, nella zona di Canelli e nei comuni vicini, riesce ad esprimere al meglio la sua esuberanza olfattiva. Però, una delle zone dove Gianni ha le viti di moscato ha un terreno particolare, di terra fine come talco, ma argillosa. E così il moscato tende ad avere struttura, che Gianni asseconda con una lunga permanenza (6 mesi!) dei lieviti in autoclave dopo la fermentazione. Ed ecco il Casa di Bianca, un gran moscato che è in grado di sfidare il tempo, esprimendo un naso elegante di pesca, salvia, selce ma anche una nota di crosta di pane, mentre in bocca ha un finale sapido ed agrumato, lungo, che lascia la bocca pulita e fresca.

Sempre con lo spirito dell’assecondare il vitigno ed il terreno, Gianni produce tre barbera: uno classico, fresco e beverino, e due più importanti: un Barbera d’Asti ed un Nizza. Questi ultimi due vengono vinificati nello stesso modo, entrambi sostano 20 mesi in barrique un po’ nuove un po’ di primo e secondo passaggio, e per questo è possibile valutare le differenze derivanti dal terreno in cui la vite è coltivata.

Il Barbera d’Asti è più ‘dritto’, il Nizza più ‘corposo’ e morbido. Entrambi i vini però, come anche il moscato, richiedono di sostare un po’ nel bicchiere per potersi esprimere al meglio, equilibrando le note floreali, fruttate e vanigliate. E sull’equilibrio punta Gianni, perché lui sostiene che il vino sia anarchico, si esprime a volte in maniera diversa da quanto previsto e pianificato. Ma questo è il piacere di realizzare un prodotto vivo, che evolve e che, nel tempo, può avere anche un andamento qualitativo sinusoidale, nella sua auto-ricerca dell’equilibrio; in certi periodi può essere migliore, in altri meno, poi può riprendersi.

L’assaggio del grignolino che sosta solo tre giorni sulle bucce conferma l’idea di voler assecondare le caratteristiche della vite e del terreno dove viene coltivata: una nota di pepe si mescola a fiori rossi e selce, con anche sentori di frutta a che però sembra quasi a pasta bianca: anche in questo caso, un vino ‘dritto’.

Gianni Doglia produce anche un moscato più tradizionale, che però garantisce in bocca freschezza e sapidità che non lasciano un finale troppo dolce; inoltre produce un merlot, che lui dice ‘non in stile toscano’, intendendo dire che anche in questo caso il terreno spinge la vite a produrre un vino più elegante e ‘dritto’.
Non sembra, ma sono passate alcune ore e anche la nostra bulimia di varietà degustative è rimasta soddisfatta: è ora di lasciare che Gianni vada a pranzo, anche se potrebbe rimanere ancora ore a parlare con passione del suo lavoro , della sua terra, del suo vino.

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