La Toscana è un territorio meraviglioso, uno dei rari esempi al mondo in cui l’antropizzazione non ha sortito effetti disastrosi. Dolci colline, baciate dal sole che accende il bianco e l’ocra delle terre, sotto un cielo di cobalto. Viali di cipressi separano l’ordine delle vigne, regolari e rigogliose.
Ho conosciuto Marco Capitoni a Torino, ad una presentazione dei suoi vini all’enoteca La Guendalina. Mi ha invitato ad andarlo a trovare a Pienza e, in una splendida giornata d’estate, sono partito da Roma in compagnia di mio padre per raggiungere la Val d’Orcia.
Un paio d’ore di tragitto, allietato dalle vedute solari dei borghi medievali di Chianciano e Montepulciano. Poi, uno sterrato bianco tra due file di alberi ci porta sulla sommità di un poggio, da cui si gode una meravigliosa vista su Pienza e sull’Amiata.
Siamo poco dopo Ferragosto, ma l’aria è tersa e il cielo è limpidissimo, complice questo vento che procede stabile dall’Amiata verso nord, vento che asciuga le vigne, le raffresca, le protegge dalla botrite.
Sulle pendici del poggio sono allineati i filari rigogliosi di varietà a bacca nera, Merlot e, naturalmente, Sangiovese. Sotto, la terra è bianca. Marco ci invita a guardare con i nostri occhi che scoprono miriadi di minuscole conchiglie, prova che queste colline nacquero dall’ancestrale innalzamento di un plateau marino.
La cantina è davvero elegante, come eleganti sono i vini, a cominciare dal Troccolone, il Sangiovese vinificato in anfore di terra dell’Impruneta, con macerazione minima. Il “vino dell’estate”, mi dice Marco. Una grande scoperta, ribatto io, perché questo è un “altro” Sangiovese, uno a cui nessuno di noi è abituato, fatto di frutti rossi croccanti e freschi, semplice e ristoratore sotto il sole della Toscana.
Nella Orcia DOC abbiamo il Capitoni, da Sangiovese e Merlot, un vino di grande personalità degno compagno dei sapori importanti della buona tavola toscana.
E come non amare, sul fronte opposto al già lodato Troccolone, il Frasi, orgoglio dell’azienda, da dimenticare in cantina ed assaporare, magari tra qualche inverno, un vino di gran corpo che nasce dal Sangiovese e dai suoi classici gregari, per maturare nella gigantesca botte di legno, come vuole l’antica tradizione di queste dolci colline.