Ai piedi dello Champagne

Vorrei provare a raccontarvi una storia di tanti perché, senza arrivare proprio vicino alle risposte, senza poter trovare la strada corretta, ma passando piuttosto attraverso il tempo cercandovi qualche curiosità.

Tantissimo tempo fa, per l’esattezza nel Mesozoico (se di esattezza si può parlare riferendosi ad un’era geologica di 150 milioni di anni), in una vasta area depressionaria, iniziò la storia di una pianura intervallata da dolci rilievi che avrebbero contribuito un giorno a rendere molto famosa la regione in cui si sarebbero trovati. Mi riferisco a quello che i geologi chiamano bacino sedimentario di Parigi, ou bien Bassin Sédimentaire Parisien.

Circa 3500 metri di sedimenti deposti grazie alla presenza dell’oceano durante la totalità del Mesozoico e al susseguirsi di momenti di trasgressione e di regressione marina durante il Cenozoico, che portarono la presenza del mare o piuttosto di lagune o di bacini chiusi, in forte evaporazione (i cosiddetti laghi salati). Una deposizione a momenti parossistica, in cui i rilievi al contorno si sgretolavano letteralmente, e torrenti impetuosi ne portavano i sedimenti a valle. Gli strati risultanti venivano schiacciati sotto il loro stesso peso e piegati, soprattutto a partire dal Neogene, dalla potente forza creatrice della tettonica Alpina e Pirenaica, una forza talmente possente da sollevare ancora oggi il mondo di centimetri all’anno.

L’era Mesozoica vide la presenza dell’oceano e determinò una deposizione potente anche 600 metri di calcare molto puro, la cui componente terrigena era per lo più apportata dall’erosione dei massicci isolati inglesi e dei vosgi. In seguito per regressione marina dovuta all’isolamento ormai compiuto del bacino Parigino, durante il Cenozoico si deposero sul potente strato calcareo depositi unici, molto fossiliferi, di natura variegata e dipendenti dal momento e dall’ambiente di formazione.

Il risultato è una serie sedimentaria di rocce di origine marina, lacustre, lagunare, fluviale. Dove i sedimenti oltre ad essere di diversa natura hanno diversa forma e composizione: detritica (i pezzi grossi o trovanti), marnosa (sedimenti calcarei e terrigeni di deposizione marina), argillosa (di origine soprattutto lacustre e lagunare) e calcareo gessosa o evaporitica (che come si può intendere dal termine restano come risultato di un’evaporazione spinta).

La porzione Nord Orientale del bacino di sedimentazione fu caratterizzata nel Neogene da prolungate crisi di salinità ed i depositi risultanti furono gli strati gessiferi intercalati a marne e sabbie, dovuti agli ambienti lagunari i del bacino, che oggi affiorano presso Reims.

Qui in seguito a modificazioni dovute alla tettonica e alla dinamica fluviale recente, il paesaggio si presenta composto da pianure, ma soprattutto da valli e colline (o cuestas). Questa porzione di territorio venne scelta nelle epoche più prossime ai nostri tempi come area agricola da adibire alle coltivazioni cerealicole e per l’implantazione della vite, per produrre il vino per le celebrazioni religiose.

Qui fu dove per cento anni Inglesi e Francesi si diederero battaglia aperta, fu dove Giovanna d’Arco condusse Carlo VII ad essere incoronato, fu un’area pressoché dimenticata nel secolo della rivoluzione, fu dove un Dom Pierre fu inviato a gestire l’abbazia di Hautvillers, e dove mise a frutto la sua arte, così vicina alla poesia da profumare con fiori di pesco i suoi esperimenti, già così eccezionali.

I suoi risultati, da considerarsi una scoperta a tutti gli effetti, che cosa sarebbero stati però se non si fossero accompagnati alle caratteristiche geologiche, morfologiche e climatiche del ventre in cui furono concepiti? Sarebbero un nobel nel campo enologico e oggi berremmo un vino effervescente, ma non potremmo del tutto definirlo l’estasiante, chiaro e sinuoso Champagne.

La presenza di terreni calcareo marnosi peculiari di questo terroir e i potenti livelli evaporitici rendono la coltivazione dei cépages principali un po’ meno estrema, le caratteristiche chimiche del gesso e della calcite sono qui indispensabili nei rilasci idrici e termici lenti, e nella regolazione dell’apporto nutritivo alla pianta.

La bellezza e la peculiarità di questo luogo è commovente, come nell’ascolto di un brano al violoncello, ti tocca nelle viscere, te le rimesta letteralmente; poter osservare le cattedrali che la natura ha riserbato nel sotterraneo, ai piedi di quelle piccole piante, creando vuoti e vortici protettivi delle loro profonde ed eleganti radici, e nascondendovi tesori sommersi quasi come a voler regalare i suoi gioielli, riesce per me a svelare molti interrogativi e a convincermi una volta in più che non si tratta solamente di un metodo di vinificazione.

Qui una realtà, la Legrand-Latour, ha fatto della sua cave, denominata La Cave Aux Coquillages, un itinerario di immedesimazioni scenografiche per celebrare al meglio le caratteristiche del loro lavoro e dei loro possedimenti; Monsiour Legrand è un appassionato paleontologo da quando era bambino, forse oggi lo fa anche con la prospettiva di interessare le famiglie con bambini, o solo perché spesso in Francia si fa così. Io dal mio conto penso che siano iniziative lodevoli ed il vedere la propria bambina con il pennellino a caccia di Campanile Giganteum lutetiane nelle viscere di Fleury-la-Riviere, è senza dubbio affascinante, così come poter scendere nel museale sottosuolo di questo luogo e vivere nel suo sacro silenzio.

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