Pier Carlo Cortese: custode di un grande Rabaja

Giuseppe Cortese - Anfore

E’ una fredda giornata uggiosa e le belle colline di Barbaresco sono tutte coperte da una leggera coltre di nebbia.

Nonostante il tempo non sia dei migliori, ci troviamo difronte la casa di Giuseppe Cortese dove incontriamo Pier Carlo, figlio di Giuseppe, ed enologo dell’azienda.

Prima di fare un giro in cantina, notiamo che sotto la grande balconata di casa Cortese è possibile ammirare quella bellissima lingua scoscesa coltivata a vigna che è il Cru di Rabajà .

Giuseppe Cortese - Vista Rabaja

Il Cru Rabajà regala vini molto fini ed eleganti con un importante ventaglio olfattivo. Per capirci meglio: facendo ad esempio un confronto con il Cru Montestefano, da quest’ultimo si ottiene un vino tendenzialmente di colore più scuro, più strutturato ed austero, con tannini duri e al naso può risultare a primo impatto un pochino più chiuso. Invece il Cru Rabajà è l’opposto, con una struttura meno importante ma più sottile ed elegante, con tannini ben cesellati e mai invadenti.

Il Rabajà non è un Cru monopole ed oltre a Giuseppe Cortese producono vino anche personaggi del calibro di: Bruno Giacosa, Produttori di Barbaresco, Castello di Verduno e Bruno Rocca.

L’azienda nasce nel 1971 e ad oggi, possiede 8 ettari vitati: parte in zona Rabajà e il restante nel Cru confinante Trifolera. In quest’ultimo vengono piantati vitigni minori come il dolcetto e la barbera ma anche un po’ di nebbiolo. La produzione annua si attesta intorno alle 50.000 bottiglie.

Pier Carlo è un uomo cordiale e gentile che ha nelle sue caratteristiche quello riuscire a dire mille parole in pochissimi secondi.

Si giustifica raccontandoci che tendenzialmente non si occupa delle visite in azienda e che il suo, è un lavoro tecnico che consiste nel seguire tutti i processi produttivi dalla vigna all’imbottigliamento.

Entrando in cantina, passiamo velocemente davanti ai fermentatori per poi fermarci nella piccola barricaia composta da barrique, botti grandi (da 16 e 25 ettolitri) e qualche anfora.

I vini realizzati sono diversi e vanno dal dolcetto alla barbera che fanno solo acciaio, per poi proseguire con la deliziosa barbera riserva “Morassina” prodotta dalla vigna in zona Trifolera con esposizione a sud e che viene lasciata invecchiare 18 mesi in barrique e 18 mesi in botte grande garantendo a questo vino maggiore struttura e note evolutive.

Giuseppe Cortese - Barbaresco Rabaja e Barbera Morassina

Si passa poi al ricco Chardonnay realizzato facendo percorrere alle uve tre strade completamente diverse: barrique, acciaio e anfora per poi rincontrarsi a percorso di maturazione finito in un unico blend di assoluto gusto e complessità.

Altro vino di grande pregio è il Langhe Nebbiolo, che è di fatto è un Barbaresco in tutto e per tutto, ma che per scelta aziendale è stato declassato. Questo vino è composto dalle uve vendemmiate in zona Trifolera con esposizione media e qualche grappolo in punti meno importanti di Rabajà.

Arriviamo finalmente al Barbaresco Rabajà con affinamento di circa 20 mesi (dipende dalle annate) in botte grande. Per ottenere la finezza che contraddistingue questo Cru, ci racconta Pier Carlo, è importante centrare il tempo di raccolta e verificare i punti dove vendemmiare prima e dove dopo; inoltre è fondamentale fare il meno possibile in cantina ossia non andare ad alterare con legni troppo nuovi i profumi propri dell’uva affinché possa evolvere con le sua caratteristiche e far così risaltare il terroir.

A questo punto non ci resta che proseguire nella sala degustazione, dove voglio descrivervi le due bottiglie che mi hanno piacevolmente impressionato ossia il Barbaresco Rabajà 2015 e il Barbaresco Riserva Rabajà 2011.

Barbaresco Rabajà 2015: nel bicchiere e si presenta di un bel granato limpido con un ventaglio olfattivo ricco ed appassionante dove si scorge il frutto succoso della ciliegia e dei frutti di bosco, la viola e le spezie. In bocca è già pronto e gustoso. I tannini ben presenti ma mai invadenti regalano un assaggio da primo della classe.

Barbaresco Riserva Rabajà 2011: prima di vedere luce questo piccolo capolavoro enologico deve sostare in botte grande per circa 42 mesi e 3 anni in bottiglia. Viene prodotto solo nelle annate  più dure e che possano garantire longevità. Al naso troviamo evidenti note di tartufo, sottobosco e profumi d’autunno ed in bocca il tannino levigatissimo spedisce nell’olimpo dell’eleganza un vino che è già diventato leggenda.

Giuseppe Cortese - Sala degustazione

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