Si dice che la bellezza salverà il mondo.
Chissà se è vero che un giorno salvò un uomo.
Perché fu la bellezza a condurre un giorno i passi di un uomo su per un viale di tigli.
Sapete, iniziando non si può mai sapere, come andrà a finire, è tutto troppo lontano, come appannato, e si può addirittura pensare di star sbagliando tutto, perché certe cose le fanno gli investitori, e non chi vorrebbe cambiar vita, ma quei tigli quel giorno gli avevano parlato, con il loro profumo e la loro brillantezza avevano accompagnato quell’uomo alla sua scelta.
Avrebbe comprato!
Si, avrebbe comprato quel luogo bellissimo, lui avrebbe abbandonato la giacca e la cravatta e avrebbe iniziato una nuova vita, da solo, qui.
Avrebbe prodotto vino.
La tenuta era grande e antica, si trovava fra ettari di colline vitate ed era davvero bellissima. Di cantine ne aveva viste tante nella sua vita, ma qui sembrava diverso, sembrava…suo. Il canto delle cicale lo stordiva e lo faceva pensare, attirato come da un canto celestiale, che vi fosse qualcosa di nascosto sotto quella cappa di aria calda che lo investiva, e che odorava ancora di vino.
Vi entrò in punta di piedi. Come un uomo che trova un bebè sulla porta, non aveva la benché minima idea di che cosa fare. Ma lasciò che la sua avventura cominciasse. E così fu, ed a poco a poco divenne un papà che si era trovato a tirar su da solo una bella bambina.
Nella gestione della sua tenuta i gesti non erano impacciati, tutt’altro ma ordinati, delicati. Ne sarò capace? Dovrebbe aiutarmi un po’ anche lei però ogni tanto…Se solo sapessi come si fa…Certo tesoro, lo vuoi? Ma che bella che sei…E la bambina crebbe, viziata e bellissima.
Poco rigoroso, nelle sue scelte, cosi come le cose che faceva, era un papà stupito davanti all’adolescenza di ciò che aveva con sé, così forte, cosi carica di energia e creatività. La sua bambina prendeva forma. Sicura sulle sue gambe veloci e snelle.
Nella sua stanza si trovavano ormai tanti bei balocchi, dal Barbera al Grignolino, allo Chardonnay, ma uno in particolare era il più prezioso e avrebbe catturato l’attenzione di chiunque al primo sguardo. La sua confezione era elegante e ammaliatrice.
Il colore di un pomeriggio d’estate che passa dalla finestra lo illuminava d’oro. Il suo sapore era forte e intelligente, ma morbido allo stesso tempo.
Era un Vermut. Non un Vermut qualsiasi ma un Vermut antico, come diceva la sua targhetta: 1840. Era una bottiglia la cui creazione era pura poesia.
Nella cantina della grande casa, un vecchio cassetto, fra le pagine avvizzite di un vecchio libro contabile, vi trovò un foglio ingiallito. Leggibile, vi era scritta minuziosamente una ricetta, la ricetta del Vermut Piemontese Bianco e Rosso di Castelnuovo Don Bosco.
Le erbe, le spezie, le quantità, le miscelazioni. Tutto.
Ecco il segreto. Un ritrovamento senza eguali. Emozionante.
Lo porta a confezionare in distilleria a Castelnuovo. Inizia una nuova avventura . Ne esce un prodotto d’eccellenza, a base delle sue uve chardonnay e delle sue erbe aromatiche e officinali.
E’ difficile descrivere il Vermut, se non dicendo che ce lo invidiano tutti. Vermut significa estate, all’estero è sinonimo di festa, di aperitivo tout court. «Ne se boit jamais seul» cita in questi giorni una pubblicità sui manifesti parigini dai molteplici significati. E’ l’aperitivo di James Bond. Ed è un prodotto tutto italiano. Tutto Piemontese, tutto Torinese.
Questo papà ha prodotto un vero balocco. Tornando alle origini, prendendolo con delicatezza e curandone l’abbandono. Ricreando il vero Vermut Torinese.
Donandogli inoltre un’etichetta poetica, art nouveau, rappresentante la splendida fata che lo portò su per quel viale, in un giorno d’estate.
Vermut di Tenuta Tamburnin, 1840. Di Piergiorgio Gaidano. Castelnuovo Don Bosco.