Visita da Biondi Santi – Parte 3

Siamo arrivati all’ultimo capitolo della visita alla cantina Biondi Santi di Montalcino, Serena mi porta a vedere le botti più antiche dell’azienda e mi spiega gli ultimi passaggi, dalla vinificazione all’imbottigliamento, prima di congedarmi con una degustazione di un Rosso di Montalcino e di un Brunello d’Annata:

“Ora vi faccio vedere le botti più vecchie che ancora oggi sono in utilizzo, cinque di queste sono state acquistate nel 1880 da Ferruccio Biondi Santi.

La prima sul lato destro e la prima sul lato sinistro sono quelle del 1880 la altre tre sono del 1930.

L’affinamento viene organizzato su travasi semestrali, quindi un Rosso che fa 12 mesi di affinamento toccherà due diverse tipologie di botti, l’Annata e la Riserva invece sei tipologie.

La filosofia dell’azienda è quella di cambiare continuamente rapporto volume/superficie, quindi se un quantitativo ha già fatto un affinamento in una botte di 30 ettolitri, il passaggio successivo sarà in una botte o più grande o più piccola, ma quel quantitativo non toccherà mai più la realtà dei 30 ettolitri, questo permette di creare tagli naturali del vino e soprattutto delle lunghe e diverse ossigenazioni.

Biondi Santi è l’unica cantina di Montalcino che fa affinamento in rovere di Slavonia e botti grandi, è assolutamente importante che il vino riesca ad esprimere la qualità, la vocazione del territorio e il DNA dell’uva stessa, ossia del sangiovese grosso.

Da sempre la cantina Biondi Santi utilizza sia lieviti che batteri autoctoni per dare inizio sia alla fermentazione alcolica che a quella malolattica, negli ultimi anni è iniziata la collaborazione con San Michele all’Adige che seleziona tutti i lieviti e batteri (ma come ha detto che sono autoctoni?).

Ultimamente, visti gli andamenti climatici, la vendemmia viene fatta intorno ai primi di ottobre, paradossalmente a distanza di 30/40 anni si è ritornati ad avere vendemmie tardive, mentre fino al 2012/2013 si vendemmiava intorno alla prima metà di Settembre.”

Alcune curiosità sull’imbottigliamento:

“Il tappo del Brunello Riserva viene cosparso di cera d’api per essere protetto al meglio in previsione di lunghi affinamenti, questo passaggio viene fatto a mano, dopodiché il gabbione viene stoccato nel cavò della famiglia dove sono conservate tutte le Riserve dal 1888 al 2011. Tutte le bottiglie vengono custodite in cantina nude e vengono etichettate soltanto al momento della spedizione, questo avviene per due motivi: uno prettamente commerciale, perché in base alla destinazione si utilizza una retro etichetta italiana o estera, il secondo puramente tecnico, perché è possibile analizzare dal punto di vista visivo le condizioni della bottiglia. Ad oggi è possibile acquistare le Riserve dal 1955 e la produzione totale della cantina si aggira tra le 80/90.000 bottiglie all’anno.”

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