di Pierluigi Modesti e Mattia Polello
Luca Ferrero è un ragazzo giovane e di pochi sorrisi: il suo sguardo racconta di lavoro, passione e tante speranze con un un po’ di apprensione verso il futuro.
Ca’ del Prete, l’azienda agricola che ha rilevato dallo zio circa otto anni fa, ha meno di cinque ettari di vigne.
Luca ha tante idee su come fare il vino ed evidentemente un rapporto viscerale con la sua terra: è persona di grande umiltà e semplicità, testimone di un mondo contadino forse dimenticato, almeno da noi cittadini, abituati a vite frenetiche e ad un concetto consumistico del tempo.
Ci troviamo a Pino d’Asti, nell’Astigiano al confine con il Chierese: una zona collinare suggestiva dove buona parte del territorio è ancora ricoperta da zone incolte, noccioleti e piccoli boschi, tra le quali si trovano, nelle posizioni meglio esposte, alcune vigne, quasi isolate le une dalle altre.
In questa terra il vitigno Freisa ha una sua storia di almeno 300 anni, ed è il vitigno d’elezione: occupa i vigneti con i migliori terreni ed esposizioni, come, invece, non gli capita in altre zone del Piemonte, dove è relegato nei fondo valle, quasi sempre per produrre vini da tavola frizzanti.
I terreni sono argillosi, calcarei e sabbiosi, diversi da quelli del Chierese, come diversa è la freisa che si produce, così almeno tiene a spiegarci Luca.
È l’unico produttore ad essere certificato biologico in questo comune, la sua terra gli da tutto ciò che gli serve e quindi va rispettata… nessun trattamento in vigna, solo il piretro per la flavescenza dorata… ed un uso moderato della solforosa, entro i limiti del disciplinare biologico, che dal 2012, ricordiamo, è europeo.
Utilizza solo lieviti indigeni, sapendo che il rischio e di avere un po’ meno controllo sulla fermentazione che può dare una certa volatile a causa delle cariche batteriche. Noi non troviamo assolutamente questo problema nel suo vino e immaginiamo che la pulizia e la sterilizzazione siano fattori decisivi per non alimentare fermentazioni indesiderate. Molti produttori della zona sono rimasti legati all’idea di un vino da tavola, magari in damigiana e di una viticoltura tradizionale con prodotti di sintesi che porta ad avere un’alta produttività (anche 100 quintali per ettaro) a scapito, come sempre, della qualità.
Luca è da solo, a parte un operaio che ogni tanto dà una mano e si occupa di tutto: del lavoro in vigna, della vinificazione, dell’accoglienza clienti e degli aspetti non meno importanti, commerciali, fiscali e della comunicazione… Ma concede anche spazio alla sperimentazione con molte idee e progetti, alcuni parcheggiati e in attesa di risorse economiche.
Nonostante questo non pensa di puntare alla quantità: fare agricoltura biologica significa anche produrre meno, come nella sua vigna d’elezione, da cui produce una freisa superiore, ferma e di corpo, il “Casot”. La vigna è circondata da poche altre e dai boschi, ha un esposizione ottimale verso sud-est, in testa ai filari ci sono le rose ed alcuni cassette per la nidificazione di quegli uccelli che lo aiutano nella lotta integrata.
I filari abbastanza spaziosi l’uno dall’altro con un totale inerbimento e la produzione non supera i 40 quintali per ettaro.
La Freisa prodotta da questa vigna farà fermentazione in acciaio e poi legno…Barriques vecchie di venti e anche venticinque anni, solo per dare alla Freisa, che già ha un suo tannino importante e non ha nulla da chiedere al legno, la dimora per un quieto riposo di circa un anno.
Luca non scende a compromessi e non produce vino bianco: sa benissimo che questa terra non ha terreni adatti e non avrebbe soddisfazione dal produrre uno Chardonnay, un Cortese o un Arneis qualunque. Quindi, ha deciso di fare uno spumante Charmat partendo da una Malvasia di Schierano, con un 20% di Freisa, vino perfetto da aperitivo, grazie anche al suo colore rosa carico molto accattivante, così come per accompagnare un dolce, grazie ad un delicato residuo zuccherino.
Per sua scelta e gusto, tende e far surmaturare le uve ed avere dei vini che anche se fanno solo acciaio devono essere soprattutto morbidi e pronti alla beva, come per la sua Barbera che mai diresti che passi solo in acciaio: l’acidità è molto smorzata per dare spazio a frutto, struttura e morbidezza.
Sta anche sperimentando un metodo classico di Freisa e Barbera; per ora le bottiglie, circa un migliaio, sono tutte chiuse con tappo a corona e accatastate. Poi si vedrà.
Degustiamo con lui il suo spumante Charmat, la Freisa vivace, la Barbera e la Freisa Superiore, nella terrazza del ristorante adiacente, la Muscandia, con una bellissima vista sull’omonima valle e sulle colline circostanti… Il ristoratore, molto cordiale, vuole raccontarci della cucina locale. Ci vengono offerte anche dei fiori di zucca freschi, in pastella. Sono ottimi e si accompagnano perfettamente con lo spumante Charmat o la Freisa vivace.
Luca si congeda da noi, dicendo che per lui è grande soddisfazione parlare con persone interessate al suo lavoro e al suo vino; noi lo salutiamo promettendogli che daremo voce a questo mondo vitivinicolo autentico, di sussistenza, ma che, in totale simbiosi e rispetto del territorio, cerca la strada per un vino di qualità.
Poi, immersi nel verde del Monferrato, ci lasciamo tentare dai piatti tradizionali e, allo stesso tempo, innovativi che ci propongono a seguire.
Un pensiero su “Freisa eroica”
Credo che Luca abbia un futuro importante in questo settore e gli auguro di continuare a credere nel suo lavoro e nelle persone che gli vogliono bene